STUDIO KAI – PERSONAL TRAINER GENOVA, OSTEOPATA, NUTRIZIONISTA A GENOVA

FALSE CREDENZE SULL’ALCOL

  1. Non è vero che l’alcol aiuti la digestione. Al contrario, la rallenta e produce ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello stomaco; un abuso di alcol può essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento dei grassi presenti nel sangue.

  2. Non è vero che le bevande alcoliche dissetino ma, al contrario, disidratano: l’alcol richiede una maggior quantità di acqua per il suo metabolismo e, in più, aumenta le perdite di acqua attraverso le urine, in quanto provoca un blocco dell’ormone antidiuretico, e sudore.

  3. Non è vero che l’alcol riscaldi. In realtà, la vasodilatazione di cui è responsabile produce soltanto una fugace e ingannevole sensazione di calore che, in breve, però, comporta un ulteriore raffreddamento del corpo e che, in ambienti particolarmente freddi, aumenta il rischio di assideramento.

  4. Non è vero che l’alcol dia forza. Essendo un sedativo produce soltanto una diminuzione del senso di affaticamento e di dolore. Inoltre, solo una parte delle calorie da alcol può essere utilizzata per il lavoro muscolare.

  5. Non è vero che l’alcol proveniente da vino e birra faccia meno male; è solo presente in quantità minori rispetto ai superalcolici e questo è sicuramente un aspetto positivo, sempre raccomandando di attenersi alle quantità consigliate.

  6. Non è vero che l’alcol sia un afrodisiaco: al contrario, esercita effetti depressivi sul sistema nervoso centrale e può influire negativamente sulla performance sessuale.

  7. Non è vero che le birre analcoliche siano sempre totalmente prive di alcol. Infatti, fino a un quantitativo di alcol pari al 1.2%, non c’è obbligo di dichiarazione in etichetta.

  8. Non è vero che la birra sia utile nella supplementazione idrosalina successiva all’impegno fisico degli sportivi sia amatoriali che agonistici. Infatti, una bevanda a contenuto anche molto basso di alcol ritarda il recupero metabolico proprio per la presenza di etanolo. L’eventuale presenza di antiossidanti o di altre molecole bioattive non compensa i potenziali danni da alcol.

  1. Raccomandazioni finali

La comunicazione indirizzata al grande pubblico sul consumo di bevande alcoliche rappresenta un problema delicatissimo, poiché da una parte queste fanno parte della nostra cultura e della nostra tradizione, ma dall’altra non bisogna dimenticare che l’alcol è una sostanza per la quale non sono identificate modalità e quantità di assunzione esenti da rischio. Pur trattandosi di bevande piacevoli al palato, che vengono ampiamente consumate e che fanno parte delle tradizioni alimentari del nostro Paese, occorre evitare di generare fraintendimenti, di fornire alibi di salute al consumo di bevande alcoliche e persino di indurre nuovi comportamenti pericolosi per la salute, in quanto non è sensato, né etico suggerire agli astemi di cominciare a bere, seppure in quantità riconducibili al consumo a basso rischio.

Anche l’indulgenza nei confronti di vino e birra, ritenuti diversi dai superalcolici, deve essere considerata con attenzione: è vero che contengono una quantità inferiore di alcol in confronto con altre bevande alcoliche, ma restano comunque la fonte principale di alcol, e al riguardo è irrilevante la piccola quantità di componenti bioattivi in esse contenuta.

L’atteggiamento nei riguardi del consumo di alcol è un problema complesso perché da un lato ci sono le ricadute di salute del singolo e della collettività e dall’altro l’estrema familiarità e la diffusione di un consumo che ha anche valenze sociali. Chi è a stretto contatto con il paziente medici di base, specialisti, farmacisti, altro personale sanitario spesso può però svolgere un ruolo chiave nel fare informazione corretta in modo da ridurre al massimo i rischi legati al consumo di alcol nella popolazione sana e proporre al paziente il consiglio migliore per la sua condizione.

 

È fondamentale evitare di presentare, sia pure larvatamente, il consumo di bevande alcoliche come una forma di medicamento. Si dovrà invece insistere fino alla noia sui concetti del basso rischio, del consumo frazionato in occasione dei pasti e delle quantità da non superare nell’arco della giornata, per coniugare il piacere del bere con il minore rischio possibile. Inoltre, bisogna sempre tenere a mente le limitazioni per particolari gruppi “vulnerabili” di popolazione per i quali il bilancio fra eventuali effetti benefici ed effetti negativi pende sempre – anche per consumi molto bassi dalla parte del rischio.

In sintesi, non si deve dare l’impressione che il mondo medico suggerisca di bere e bisognerà invece sottolineare sistematicamente come, nonostante possano sussistere dei possibili vantaggi per alcune patologie e per alcune fasce di popolazione, questi vengono sistematicamente pareggiati dai rischi legati soprattutto al cancro, per cui non si può mai consigliare di bere ad un astemio.

Il consumatore deve sapere che bere alcolici comporta dei rischi (ai quali va aggiunto quello della dipendenza) tanto più bassi quanto minore sarà la quantità consumata.

Ad Maiora Semper

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informazioni prese dalla linea guida del crea (centro di ricerca alimenti e nutrizione)https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018