Non è vero che il consumo di zuccheri provochi disturbi nel comportamento e dell’attenzione del bambino. Approfonditi studi hanno smentito l’ipotesi che lo zucchero (saccarosio) induca alterazioni del comportamento, quali iperattività. Inoltre, il consumo dello zucchero non influenza né negativamente, né positivamente la capacità di apprendimento.
Non è vero che il valore calorico e le caratteristiche nutritive dello zucchero grezzo, comunemente definito “zucchero di canna”, siano diverse da quelle dello zucchero bianco. Lo zucchero grezzo (che si può ricavare sia dalla canna da zucchero che dalla barbabietola) è semplicemente uno zucchero non totalmente raffinato: le differenze di colore e sapore dipendono dalla presenza di piccole quantità di residui vegetali (melassa) che non hanno nessun vantaggio nutrizionale: bianco o marrone si tratta della stessa cosa.
Non è vero che lo zucchero sia un “veleno bianco”: non ci sono alimenti buoni o cattivi, basta fare attenzione alle quantità e al bilancio tra quanto mangiamo e quanto “spendiamo” in termini di calorie.
Non è vero che nello zucchero bianco troviamo pericolosi residui di lavorazione. Infatti, l’anidride solfo- rosa, usata per mantenere bianchi i cristalli di zucchero, rimane solo in tracce, mentre in altre preparazioni (ad es. vino, frutta essiccata, crostacei) viene comunemente utilizzata come conservante in quantitativi (ammessi dalla legge) ben superiori. La calce, anch’essa usata per la chiarificazione del prodotto, viene utilizzata tradizionalmente anche per altri alimenti (olive) senza che si pensi che il processo sia dannoso; viene anzi considerato naturale.
Non è vero che i succhi di frutta “senza zuccheri aggiunti” siano privi di zuccheri. Contengono comunque gli zuccheri naturali della frutta – saccarosio, fruttosio e glucosio – nella misura dell’8-10% e quindi forniscono circa 70kcal per bicchiere (200 cc), sono quindi una fonte di zuccheri liberi potenzialmente da ridurre o quanto meno controllare attentamente.
Non è vero che il miele abbia caratteristiche salutari o dietetiche particolari, pur essendo molto diffusa questa convinzione popolare; è una fonte di zuccheri aggiunti per cui valgono le stesse indicazioni di moderazione del consumo valide per lo zucchero.
Non è vero che i prodotti light o senza zucchero non facciano ingrassare e quindi possano essere consumati liberamente. Molti di questi prodotti apportano calorie anche in notevole quantità. Bisogna leggere attentamente l’etichetta nutrizionale e ricordare che l’uso di questi alimenti induce un falso senso di tranquillità che porta a consumare quantità eccessive sia degli alimenti light che degli alimenti normali. Non devono quindi essere la scusa per consumarne di più perché “tanto è a zero calorie”
Non esiste una vera e propria dipendenza dallo zucchero. L’eccessivo consumo di zucchero è un comportamento compulsivo che può essere corretto con strategie di educazione alimentare.
INDICE GLICEMICO E CARICO GLICEMICO: PIÙ DUBBI CHE CERTEZZE!
L’indice glicemico di un alimento misura la velocità con la quale i carboidrati (zuccheri, amidi, ecc.) in esso contenuti, entrano in circolo, provocando un aumento della glicemia (picco glicemico), rispetto ad una pari quantità di glucosio (o in alcuni casi di pane bianco). Il carico glicemico, invece, rappresenta una misura più utile ai fini pratici perché corregge l’indice glicemico rapportandolo alle quantità di carboidrati effettivamente consumati.
Il concetto di indice glicemico degli alimenti o di una dieta è diventato, nel corso degli anni, estremamente popolare. È abbastanza noto che il pane bianco o le patate o il riso abbiano un alto indice glicemico mentre la pasta e molti prodotti integrali hanno un indice glicemico più basso. I valori di indice glicemico degli alimenti non possono però essere utilizzati come un qualsiasi altro dato di composizione, perché la risposta glicemica al consumo di un alimento varia moltissimo da un soggetto all’altro e anche, nello stesso individuo, a seconda delle diverse occasioni di consumo, a seconda della composizione del pasto, a seconda della situazione metabolica, a seconda della ricetta. Infatti, i fattori alimentari in grado di influenzare la risposta glicemica sono numerosi e dipendono dal tipo di zucchero e dalla presenza o meno di amido, di proteine, di grassi o di fibra, ma anche dai metodi di cottura e dai processi di produzione. Addirittura, la risposta glicemica ad uno stesso stimolo è diversa anche in funzione della composizione del pasto precedente.
Proprio per queste condizioni è dunque fuorviante scegliere gli alimenti soltanto in base ai loro indice glicemico che è un parametro certamente importante ma poco utile nella pratica perché è la dieta nel suo complesso a modulare l’impatto glicemico.
Ad Maiora Semper
StudioKAI
informazioni prese dalla linea guida del crea (centro di ricerca alimenti e nutrizione)https://www.crea.gov.it/web/alimenti-e-nutrizione/-/linee-guida-per-una-sana-alimentazione-2018